E’ ovunque, non ha volto ma governa, è multiforme e imprevedibile. Si chiama Virus. Disegno di Saro Weisi, 1D[/caption] Pubblichiamo il testo prodotto dai rappresentanti del parlamentino della scuola Leonardo da Vinci:
“Come me la vivo” è l’argomento e il nocciolo della questione che i rappresentanti del parlamentino della scuola media Leonardo da Vinci affrontano durante una video-lezione. Partecipano con inaspettata e commovente maturità. La si chiama video lezione per comodità ma non è una vera lezione e di certo a causa della distanza. L’isolamento li ha separati l’uno dall’altro senza lasciare spazio ai saluti e ai commiati e ora da casa ragionano sui problemi che emergono dal vaso di Pandora: dispositivi che mancano, abilità informatiche non abbastanza consolidate, paure, distanze, nostalgia del contatto fisico e dell’aula. L’emergenza che stiamo vivendo ha cambiato un po’ tutto, dalla lezione si è passati alla video lezione, dalla didattica in classe alla Didattica rovesciata. Cambia tutto, parole fino a questo momento intoccabili come scuola, lezione, classe assumono un’altra connotazione. La classe diventa “stanza” e si trova non più in fondo al corridoio ma in una pagina del net. La prof. chiude la telecamera perché assorbe troppa banda e non si riesce a guardarla negli occhi. La comunità scuola diventa un obiettivo a cui si mira con ostinazione per paura di perderlo. Grazie alla tecnologia le classi rovesciate non sono una novità già da tempo ma ora ad essere rovesciati sono i ruoli. Ad insegnare, a condurre il gioco, questa volta sono loro, ragazzini di 11, 12, 13 anni che si presentano su Jitsi meet puntuali e precisi, fieri di intervenire in un dibattito importante. Mai così presenti, attivi, pronti, attenti. Mai così seri e così desiderosi di parlare. Raccontano i giorni del virus schiacciando sapientemente tutti i tasti della questione. Parlano del virus, padroneggiando i termini della medicina. Si mostrano informati sulla pandemia, commentano i provvedimenti del decreto, si preoccupano per la crisi economica. Si chiedono se e quando le attività commerciali riprenderanno, discutono di spese superflue, beni di prima necessità, comportamenti corretti e lo fanno con un linguaggio chiaro come se certi concetti siano stati da sempre pane quotidiano per loro. Discorrono e si prenotano, attenti a non interrompere il compagno. Mai così rispettosi del turno di parola. Si mettono in ascolto, l’uno con l’altro. “Quando abbiamo saputo della chiusura della scuola, abbiamo fatto i salti di gioia, ma quello era solo l’inizio. …..”- “Sì, le video-lezioni funzionano abbastanza ma non è come stare in classe” – “ Noi ragazzi di terza soffriamo di più perché è brutto interrompere il nostro percorso alle medie in questo modo”- “La scuola ci riempiva la vita.” Sono queste le voci dei loro stati d’animo. L’interruzione dell’anno scolastico è vissuto in modo ambivalente: un atto di violenza o un momento da vivere e comprendere. Scoprono la solitudine come allontanamento, ma si scoprono diversi anche quando si accorgono di cercare, nella solitudine, l’otium che arricchisce ed espande. Ma c’è l’altro lato della medaglia: si riscoprono altruisti e solidali quando si interessano di più a tutto, dai nonni ai cugini che vivono fuori Bolzano, dai compagni agli amici. I loro discorsi hanno un altro contenuto, la loro voce un altro tono, i loro interessi un altro obiettivo, quasi come se sapessero bene quanto questo stato di emergenza abbia sconvolto l’ordine normale delle cose. L’inizio del lockdown rappresenta una linea spartiacque tra il prima e il dopo. La scuola, prima un dovere, ora una speranza, quasi un sogno necessario a cui i ragazzi si aggrappano con uno spirito nuovo. I compiti prima una seccatura, ora un interesse. Il tempo prima pieno di persone, ora denso di domande. Gli studenti del Da Vinci, come tutti, si chiedono quando potranno tornare a scuola per ritrovare il senso di comunità interrotto e i loro affetti solidali, mentre prima contavano i giorni che li separavano dalle vacanze. Un tempo fatto di attesa e di ricerca dell’altro, il compagno, l’insegnante. Un’attesa che cede ora la scena a nuovi “personaggi”, prima in penombra: Attenzione, Ascolto, Interesse, Solidarietà. Riflettono questi ragazzi: l’emergenza corona virus ha dunque scoperchiato sì il vaso di Pandora ma al tempo stesso ha restituito luce ad altri valori, ad altri aspetti della vita che la mancanza di tempo lasciava in sospeso. Ora in sospeso è la scuola, dove loro non vedono l’ora di ritornare.]]>